Dove sono finite le vecchie scrivere, leggere e fare di conto?
Le parole, si sa, dovrebbero avere un peso importante, purtroppo sono spesso sottostimate.
Attraverso l’uso delle parole possiamo modificare l’impatto emotivo di un’emozione ad esempio: per intenderci INCAZZATO è diverso da INALBERATO.
Possiamo provare anche a modificare l’impatto emotivo di determinati avvenimenti: pensa a quanto ESCORT sembri diverso da PROSTITUZIONE, giusto per parlare di temi attuali.
Ma alcuni termini sembrano essere più dignitosi di altri: ASSISTENTE ALLA DIREZIONE è più accettabile di SEGRETARIO (o SEGRETARIA).
E potrei andare avanti all’infinito.
Anche la scuola è stata investita da questo vento di novità, quando sono stati cambiati i nomi dei 3 percorsi formativi principali (elementari, medie e superiori).
Il punto è che quando è stata cambiata la locuzione SCUOLA ELEMENTARE ed è diventata SCUOLA PRIMARIA è cambiato tutto, non solo il nome.
L’espressione “scuola primaria”, che deriva dal francese (école primaire) e poi si è diffusa nei paesi anglosassoni (primary school), è stata introdotta ufficialmente in Italia nel 2003, per una scelta contenuta nella riforma Moratti, l’allora ministro dell’istruzione.
Non è cambiato solo il nome, ma i programmi ministeriali hanno subìto un cambiamento drastico per quanto riguarda soprattutto lo studio delle discipline storia, geografia, scienze.
A questo si aggiunge lo studio della lingua Inglese, uno degli aspetti che mi sento di difendere a spada tratta (prima le lingue straniere iniziavano alle medie, anche qui il nome è cambiato, anche se senza modifiche sostanziali nella tipologia di didattica). Imparare una lingua straniera, magari senza necessariamente andare sulla parte grammaticale, ma basandola sull’esperienza reale è una delle cose più importanti per ogni essere umano e prima si inizia e meglio è.
Quel cambiamento del 2003 ha introdotto un nuovo modo di fare scuola, in cui gli elementi base dell’apprendimento scolastico sono stati introdotti già alla scuola materna (con pre-grafismo e pre-lettura) ed accelerando il loro “imparamento” (termine usato di proposito) nell’arco di pochi mesi.
Che cos’é l’imparamento e perché è diverso dall’apprendimento?
Sappiamo che questa parola non esiste, ma rende bene l’idea di qualcosa che vuole a tutti i costi essere insegnato a qualcuno che non è pronto per farla sua. E’ come un adesivo che non appiccica più e che vorremmo a tutti i costi tenere attaccato.
Il grande scrittore francese Daniel Pennac, diceva “Se anche possiamo guarire dalla somaraggine, le ferite che essa ci ha inflitto non rimarginano del tutto.” Molti “somari” o, come li chiamiamo noi, Fannulloni si perdono irrimediabilmente. Non riuscendo a trovare una chiave di volta, rischiano di non ritrovarsi più nel sistema scuola, ma non solo: rischiano di mollare in tutto. La madre di Pennac pensava che il figlio fosse destinato proprio a questo: non combinare niente di buono nella vita a causa dei suoi pessimi risultati scolastici. E invece Daniel Pennac ce l’ha fatta, anche grazie all’aiuto di tre insegnanti che hanno creduto in lui e nelle sue potenzialità.
La maggior parte delle attività scolastiche, in una scuola ormai alla mercé delle nozioni e della corsa a raggiungere risultati, rientra proprio nell’imparamento: i bambini lavorano per far felici gli insegnanti e i genitori, e per farlo occupano gran parte del tempo e delle energie, provando una progressiva stanchezza e una costante frustrazione. Infatti tutto ciò che si impara (ma non si apprende realmente) si dimentica il prima possibile.
E’ chiaro che da quella riforma la scuola si è ritrovata a non avere più tempo e risorse in grado di favorire la crescita e il percorso di auto-consapevolezza dei ragazzi.
Prima si dedicava molto tempo, il giusto a dire il vero, ad apprendere in maniera più solida come scrivere, leggere e fare di conto.
Immagina che quelle 3 abilità siano le fondamenta di tutto l’apprendimento scolastico: ora crescono case con fondamenta molto meno solide.
E non è colpa degli insegnanti sto giro, ma di programmi assurdi che pretendono l’inserimento di nozioni su nozioni senza curarsi di come quelle nozioni possono essere interiorizzate (L’IMPARAMENTO appunto).
Ed ecco che poi arrivano le notizie drammatiche che arrivano dalle invalsi delle medie in cui si verifica che 3 ragazzi su 10 escono dalle medie con gravi carenze nell’area di italiano e matematica. Non ho intenzione di discutere sull’effettiva validità delle invalsi, non è questo il luogo, ma voglio che tu possa leggere i dati oggettivi.
Qui trovi un articolo che ne parla: https://www.corriere.it/scuola/secondaria/cards/studente-tre-esce-medie-senza-sapere-leggere-scrivere-far-conto/terza-media-solo-due-studenti-tre-sono-sufficienti_principale.shtml
Ma il problema parte anni prima!
Non si può pensare che il lavoro che prima veniva fatto in minimo 2/3 anni, ora venga fatto in 2/3 mesi.
Ci sono realtà scolastiche in cui si passa al corsivo prima di Natale del primo anno (ovvero bambini di 6 anni e qualcosa), lasciando per strada decine di bambini in difficoltà (per non parlare dei dislessici che già hanno le loro problematiche da affrontare).
Continuiamo a costruire case senza fondamenta che crollano non appena il livello si alza.
Continuiamo ad avere ragazzi che non riescono a scrivere e ad articolare frasi, ma in terza elementare magari stanno già lavorando sull’apparato digerente.
Ma queste case crollano perché non si fanno le cose seguendo un ritmo che funziona.
Per correre tanto all’inizio si deve andare pianissimo più avanti. Il senso di questo? Non c’è.
E a tutto ciò aggiungiamo il fatto che, per integrare queste nozioni infinite, i bambini fin da piccoli hanno una camionata di compiti per casa in più e moltissime ore di scuola in più.
La mia settimana era da lunedì a sabato con le classiche 4 ore di scuola (24 a settimana), con alcuni compiti per casa e tanto lavoro fin da piccoli sull’autonomia ed il senso di responsabilità.
Ora abbiamo tempi pieni, compiti, attività da fare tutto il pomeriggio e i bambini non riescono a trovare il tempo di respirare e di crescere come… BAMBINI!
E cosa succede? Genitori sclerati per i compiti, insegnanti frustrati (in questo caso a ragione) per la fatica che fanno e bambini ad un livello di tensione clamoroso per delle persone così piccole.
Questo l’effetto del correre a vuoto fin da piccoli! Per fare presto, si fa male e ci si ritrova a fare una vita all’inseguimento.
E poi correre correre per cosa? Ci fossero risultati almeno…
E vale per tutti: DSA o meno. E, ovviamente, per un ragazzo dislessico, diventa ancora più complicato.
Senza le basi rischia di fare schifo tutto. Rischi che i ragazzi abbandonino la scuola, ma fondamentalmente si rischia che perdano completamente la voglia di apprendere.
“La conoscenza ottenuta per obbligo non rimane nella mente.” – Platone
A presto!
Alessandro