Non ricordo se ero in prima o in seconda elementare, ma ricordo benissimo la mia insegnante di Italiano.
Era piccolina, buffa, un po’ rotondetta, avevi gli occhiali grandi e un viso molto simpatico. Era sempre carina con tutti, si avvicinava ai banchi e ci aiutava.
Era bello stare con lei, fino a quando…
Non pronunciava quella frase:
“Dai Valentina alzati tocca a te!”
Ed io già ero nel panico da quando aveva iniziato il giro di lettura. Sì perché ogni giorno tutti dovevano leggere un pezzettino per “fare esercizio di lettura!”
Appena partiva quel giro della classe la maestra per me mutava forma:
Prima era dolce e simpatica, in quei momenti… i suoi occhi diventavano grandi come quelli di un gufo e giudicanti, gli occhiali diventavano enormi e soprattutto tutto peggiorava quando mi diceva:
“DAI VALENTINA LEGGI BENE!” oppure “DAI VALENTINA LEGGI MEGLIO!”
A quel punto mi partiva la tachicardia e:
- Mi accorgevo dei compagni che iniziavano a ridere sotto i baffi;
- Mi guardavo intorno per vedere se qualcuno potesse aiutarmi, ma mi sembrava di avere solo occhi puntati addosso, che non aspettavano altro che il mio errore;
- Mi dicevo, “Adesso non devo sbagliare!” e regolarmente sbagliavo;
- Mi sentivo piccola in mezzo a giganti e a cose difficili da superare.
Il più delle volte sbagliavo riga o avevo perso il segno e la frase era sempre: “Ecco non sei attenta, Giacomo dalle il segno” oppure “Vai avanti tu Elisabetta…”
Inutile dirti quanto fosse mortificante e frustrante per me, che ancora non ero consapevole di avere “SOLO” delle difficoltà di lettura, ma ero convinta di essere SCEMA, visto che tutti riuscivano con facilità tranne me.
E poi la maestra diceva alla mia mamma:
- E’ sempre attenta agli altri;
- E’ una bambina molto sensibile;
- Non ha problemi di socializzazione;
- Peccato per l’Italiano (errori, grammatica, lettura);
- “Non capisco perché si lamenti sempre per il mal di testa, non è che serva una visita agli occhi?”
La vera fortuna era che di compiti ce ne fossero pochi e quindi mi salvavo (santa Martina, mia amica, con cui dalla terza elementare mi sono messa a fare i compiti il pomeriggio).
A quel punto cosa fa un genitore coscienzioso e “ignorante” del problema?
Ascolta la maestra e va a fare una visita agli occhi.
Alla visita non emerge nulla, se non il fatto che gli occhi si stancano prestino, e mi consigliano un rimedio incredibile:
LE PRUGNE SECCHE!
Hai capito bene, se hai un figlio dislessico occhio che la SunSweet potrebbe fare al caso tuo, non capisco come mai quando fanno le diagnosi non le prescrivano!
Ovviamente il problema non si risolveva, il mal di testa aumentava e allora mi hanno dato un nuovo rimedio:
SIEDITI LONTANA DAI TERMOSIFONI!
Caspita, anche il caldo rende dislessici. Buono a sapersi.
Ovviamente il problema non si risolveva e la mia carriera scolastica è andata avanti con fatica:
facevo sempre fatica a leggere e i mal di testa aumentavano (mattina e pomeriggio, non durante il weekend, strano no?).
Alle medie sono arrivati i numeri e i problemi di matematica, bella sfida che non riuscivo a superare MAI.
Ai problemi di lettura si sono associati i problemi di comprensione e l’idea di essere STUPIDA e INCAPACE era sempre più presente.
15 anni fa non c’era la stessa attenzione verso la dislessia che c’è ora ed io ho passato tutta la mia carriera scolastica con l’idea di non essere in grado, mettendo in atto il mio vero strumento compensativo:
Andavo d’accordo con le persone e… copiavo!
Non ero capita e non avevo alternative. Chi se ne frega se non mi ricordavo nulla o se non capivo, copio così esco da questa scuola maledetta e gli insegnanti non mi possono dire altre cose per sotterrarmi ancora di più di quello che già io facevo con me stessa.
Ma non ho mai mollato, mi piaceva stare sui libri, ho sempre messo un sacco di impegno, ma alla fine non riuscivo. Non ricordavo, dovevo leggere più volte la stessa cosa e ancora non capivo, tutto sembrava inutile, ma non volevo mollare, sarebbe stata una sconfitta e mi sarei sentita meno degli altri.
Mamma e papà non hanno mai fatto i compiti al posto mio, credo questo sia stato uno dei miei punti di forza. Mamma credeva nelle mie capacità e non aveva dubbi che io potessi farcela. Ero una bambina sveglia, per questo penso non si fosse mai posta il problema che qualcosa in me non andasse. In più io fingevo molto bene il fatto che tutto andasse benissimo.
Perché ti sto dicendo questo?
Per evitare che tu faccia le stesse stupidaggini che ha fatto la mia maestra con me.
E per rassicurarti quando vedi tuo figlio in difficoltà: non ti fa dispetti, fa solo fatica ed è fondamentale per te comprenderlo.
Ogni giorno, quando lavoro con i ragazzi, tengo bene a mente come mi sentivo io e non faccio nulla che li possa far sentire giudicati, anzi, proprio perché capisco come si sentono, faccio di tutto per farli sentire accettati e liberi di esprimersi per quello che sono .
Faccio di tutto per far capire loro che hanno delle capacità e bisogna solo trovare un modo per farle emergere.
Da studentessa sono riuscita ad affrontare lo studio quando ho DAVVERO compreso come funziona il mio cervello e quando è diventato chiaro in che modo io riesco ad imparare (ne ho parlato qui: https://www.wladislessia.com/dici-che-non-e-possibile-prova-a-prendermi/)
La mia difficoltà erano le parole, il mondo astratto. Un testo era un mondo di lettere che si muovevano come un vortice, ma che non entravano dentro di me. Passavo il tempo ad inseguirle, ma loro erano più veloci e io perdevo sempre.
Potevo anche rileggerle più volte o rileggere MEGLIO (come mi diceva la maestra o come sento dire a mamme e papà mentre “studiano” con i figli), ma il risultato non cambiava.
Anzi sì! Aumentava la mia FRUSTRAZIONE! Bello vero?
La mia grande fortuna è stata sempre avere una mamma che non mi rincorreva con i libri, non mi costringeva a fare esercizio e non mi faceva prediche perché non arrivavano i risultati.
Lei mi ha sempre sostenuto, eppure ha visto i pianti per i miei voti, i pianti perché leggevo e non capivo, oppure perché l’insegnante mi aveva trattato male di fronte alla classe deridendomi.
Eppure non ha mai tolto autorità all’insegnante parlando male di lei.
Con questo non ti sto dicendo che i risultati non sono importanti, ti sto dicendo che se insisti troppo con tuo figlio, perché possa essere “come gli altri”, hai più possibilità di raggiungere l’obiettivo opposto: ODIARE LA LETTURA! (se non peggio, ODIARE LA SCUOLA!)
Passo le mie giornate ora a far capire ai ragazzi dislessici che la lettura non è un orco cattivo, ma, se arrivano da anni di costrizioni e frustrazioni, il lavoro diventa ancora più lungo e difficile a volte da affrontare.
Io me la ricordo ancora quella maestra, mi ricordo ancora le sue facce, ora la saluto con felicità, ma al tempo non ero così felice di incontrarla in classe.
Però le cose che ha detto a mia mamma (sensibile, sempre disponibile con gli altri, no problemi di socializzazione) sono tuttora il mio punto di forza e di questo non posso che ringraziarla.
Quante volte hanno detto a tuo figlio cose simili alla mia esperienza? E quante volte una parte di te non sa cosa fare? E quante volte ti senti in colpa perché non sai dove sbattere la testa?
Il punto di svolta per me è stato prendere in mano le mie capacità e metterle al servizio della lettura.
In cosa funziono molto (e anche la maggior parte dei dislessici)?
- Lavoro benissimo con le immagini;
- Ricordo bene attraverso le sensazioni;
- Se trovo un ambiente favorevole le mie difficoltà diminuiscono.
E allora, in quinta superiore ho scoperto le mappe mentali ed ho iniziato ad usare le immagini per comprendere con più facilità.
Leggevo qualche riga e subito facevo un ramo della mappa e in questo modo ho anche iniziato a lavorare sulla comprensione.
E poi mi sono resa conto che si può non capire e non è un dramma. Non è una maledizione a cui si è condannati. Ogni persona ha delle cose che non capisce bene la prima volta, vale per me e vale per chiunque altro.
Il problema era come la vivevo io e come me la facevano vivere gli altri.
E allora cosa devi fare tu come genitore per sostenere al meglio tuo figlio:
- Inizia con l’osservare, se non ha capito qualcosa, lo vedi subito;
- Lavora assieme a lui spiegandogli o facendo esempi concreti;
- Non ti sedere SEMPRE accanto a lui rinforzando il fatto che non sa fare le cose da solo. Ogni tanto trova anche scuse banali, un telefonata da fare, una lavatrice da stendere…
- Allontanati e dagli modo di SPERIMENTARE;
- Lascialo SBAGLIARE senza giudizio.
Ti lascio con altri due piccoli trucchi per lavorare meglio con un figlio dislessico:
NON GIUDICARE E NON AVERE FRETTA!
Ognuno ha dei tempi diversi per arrivare ad affrontare la lettura e i libri: se fai diventare la lettura un obbligo, un peso e non una scoperta, tuo figlio non si avvicinerà MAI a farlo in autonomia e con piacere.
Lavoriamo con tantissimi ragazzi dislessici appassionati a “gialli” o “fantasy” e per tutti c’è una storia in comune:
NON SONO STATI COSTRETTI, AL MASSIMO SONO STATI STIMOLATI attraverso attività diverse, di sicuro non attraverso la costrizione di leggere il libro per le vacanze.
Io stessa ho letto il mio primo libro a 20 anni, ma da lì non sono più fermata.
“La natura non ha fretta, eppure tutto si realizza.” – Lao Tzu
Alla prossima puntata!