DISLESSIA: LA FINIRANNO DI CHIAMARLA MALATTIA?!

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Spesso, leggendo qua e là ci capita di vivere un po’ di malsana ignoranza!

Sai, lavorando tutti i giorni con ragazzi dislessici, siamo ormai abituati a considerarla una caratteristica, il più delle volte vincente, che richiede di trovare gli strumenti adatti per permettere a un ragazzo di riuscire al meglio.

Per tornare nel mondo reale ci è bastato stare due giorni in mezzo alla gente durante una fiera.

Giorno 1: Alice stava parlando con una signora che le aveva chiesto informazioni e, mentre stavano chiacchierando, ques’ultima se ne è uscita con un

“Ah si conosco bene questo handicap, ma so che non è tanto grave e con il tempo si può curare…”

Molto bene direi!

Giorno 2: Giorgia stava regalando uno dei nostri braccialetti W LA DISLESSIA! ad una bambina felicissima di ricevere questo piccolo dono (si sa i bambini, avendo meno filtri, gioiscono anche delle piccole cose… ) ma a un certo punto si avvicina la mamma che, leggendo la scritta, le sussurra all’orecchio quasi terrorizzata:

“andiamo via che questi sono dislessici…”

E qui di cose da dire ce ne sarebbero un po’: a cominciare dal compatire chi ancora si permette di dare giudizi su qualcosa che non conosce. Altra cosa da fare sarebbe rispondere a tono, ma non avrebbe senso perché “non bisogna mai discutere con un idiota, perché per farlo dovresti scendere al suo livello e lì ti batte con l’esperienza!”.

Quindi, siccome sono una persona tutto sommato equilibrata, colgo l’occasione per far sì che quelle due esperienze infelici diventino un momento di condivisione e crescita per tutti.

Attenzione! Lungi da me generalizzare, non tutti sono così pericolosamente ignoranti sul tema dislessia, ma questa esperienza ci fa capire quale sia il pensiero di alcuni.

Se vogliamo eliminare il più possibile situazioni del genere è fondamentale essere chiari fino in fondo.

Quindi:

la dislessia è una malattia o no?

NO! Questo è il punto di partenza e dovrebbe essere anche quello di arrivo, ma evidentemente dobbiamo spiegare ancora una volta perché non lo è.

Crediamo alle cose che ti dirò nelle prossime righe ad un livello tale che abbiamo deciso di scriverne un libro. (http://www.ilgiardinodeilibri.it/libri/__w-la-dislessia-conte-saba-rocco.php?pn=5552)

In primo luogo non è una malattia perché non c’è niente da curare: non esiste una situazione “sana” di partenza a cui dovremmo fare riferimento per riportare i ragazzi in quella direzione.

L’unico termine di paragone per un ragazzo dislessico sono i suoi compagni non dislessici: viene definito dislessico perché le sue prestazioni nella velocità e nella correttezza della lettura non sono nella media.

Ma se noi facessimo la stessa valutazione ai suoi compagni, misurando il loro livello in altre attività (disegnare, creare, risolvere problemi, eccetera), probabilmente anche loro risulterebbero fuori dalla media.

Sarebbero per questo malati? Dis-creativi, dis-pittorici o dis-risolutivi?

In secondo luogo una malattia cambia nel tempo: si aggrava o regredisce, si tiene sotto controllo con i farmaci (se possibile) e ha quello che viene definito in campo medico un “decorso”.

La dislessia non ha nessun decorso: dislessici si nasce e, grazie al cielo, si resta tutta la vita.

E’ la persona che cambia, che diventa nel tempo più consapevole delle proprie abilità e può imparare a gestire in maniera diversa questa caratteristica. E quanto più le persone che ha intorno la sosterranno, tanto più produttivo diventerà il suo percorso.

In terzo luogo, la predisposizione genetica di questa caratteristica non ne fa certo una malattia.

Anche il colore dei capelli, degli occhi, l’altezza, la carnagione e via dicendo fanno parte del nostro corredo genetico, ma non ho mai sentito dire “è malato di occhi azzurri!” oppure di “capelli rossi”.

Infine, sarete tutti d’accordo che la dislessia certo non è contagiosa.

Vorremmo poter dire lo stesso dell’ignoranza di alcune persone, come quelle che hanno reso così interessanti i nostri pomeriggi in fiera, ma purtroppo non è così.

Invece di preoccuparvi di avere un figlio “con problemi”, preoccupatevi di educarlo ad essere un adulto che sappia relazionarsi con il resto del mondo e non educhi i propri figli a creare etichette.

Se vuoi sentire un bell’intervento sulla dislessia, clicca su questo link in cui Cecilia parla della sua esperienza:
https://www.wladislessia.com/cecilia-e-la-dislessia/

E’ chiaro allora? Siamo tutti d’accordo sul fatto che la dislessia non è una malattia?

Detto questo, ciò di cui davvero ci dobbiamo preoccupare sono le reazioni emotive che sono collegate alla dislessia.

Io sono stanco di leggere frasi come “la dislessia è una rovina”, “la dislessia ti rovina la vita” (dette da ragazzi dislessici beninteso) e sono stanco che una persona si possa sentire disabile perché fa fatica a leggere.

La vera patologia ce l’hanno le persone che creano etichette, senza rendersi conto delle conseguenze a cui si va incontro. La vera patologia è non accettare che ci siano modi diversi di apprendere. E questo non vale solo per la dislessia.

Quelli sono disturbi veri, le caratteristiche non possono esserlo!

Ti lascio con una poesia scritta da Micol (12 anni), che proprio malata non mi sembra, solo dislessica (e che talento).

 

W LA DISLESSIA!

L’anima è piena di lettere che ballano

e formano parola senza senso.

Cento parole suonano con un ritmo lieve.

Le parole giocano a nascondino

e cercano di aiutare la mente

a creare pensieri…

Il verso brontola…

Sono stanca che la chiamino malattia!

Ho sete di dire: Vendichiamoci!

e facciamo vedere che

non siamo diversi dagli altri.

 

A presto!

Alessandro

 

 

 

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