“Leggi e ripeti”: questo è il metodo di studio più diffuso e insegnato a scuola.
O meglio, non è nemmeno insegnato, ma è tramandato da generazione in generazione, come nemmeno i Romani facevano con il culto dei “Penati”.
La maggior parte degli studenti infatti impara o da autodidatta o grazie a mamma e papà che dicono: “Io ho sempre studiato così, quindi funziona…”
Il divertimento è quasi abolito, sostituito dalll’idea che le informazioni devono essere assimilate attraverso la fatica e utilizzando solo una parte delle capacità a nostra disposizione.
E allora via a pagine su pagine di riassunti da imparare a memoria con la noia a comandare le giornate.
Eppure, se chiedi a qualunque persona quale sia il modo migliore per imparare, otterrai sempre e solo una risposta: SI IMPARA CON IL DIVERTIMENTO.
A questo punto però vorrei capire perché ancora si usano libri grigi e schemi piatti, scarni e privi di immagini?
La risposta è una sola: perché ormai siamo abituati così.
La scuola è abituata così (salvo alcune eccezioni di grande valore).
I genitori sono abituati così.
“Eh ma io ho sempre fatto così!”
Peccato però che per un ragazzo dislessico (ma vale anche se non lo è) apprendere in questo modo è quasi impossibile. La mole di informazioni a cui sono sottoposti gli studenti rispetto a qualche anno fa è notevolmente aumentata ed è necessario cambiare radicalmente strada.
Purtroppo qui ci scontra con uno dei grandi nemici della crescita e dell’apprendimento:
la RESISTENZA AL CAMBIAMENTO
Non c’è nulla da fare. Le persone non hanno voglia di cambiare e si nascondono sempre dietro il “ma una volta si faceva in modo diverso e non c’erano tutti sti problemi.”
Il problema reale è quello di ampliare la quantità e la qualità di strumenti a disposizione dei ragazzi e delle famiglie, tanto più che la maggior parte di questi esistono da più di 30 anni e sono ancora considerati innovativi (forse perché ancora troppo poco usati…).
Ma la frase “leggi e ripeti” è ancora fin troppo presente nella mentalità di molti genitori e il motivo è sempre lo stesso “a me hanno insegnato così!”.
Il punto è che, se dovessimo prendere alla lettera quella frase, un chirurgo non dovrebbe innestare i bypass nel cuore dei pazienti perché 100 anni fa non si faceva così.
Allo stesso tempo non si dovrebbe scrivere al computer perché ho sempre scritto con la mitica Olivetti (la regina delle macchine da scrivere se non lo sapessi).
L’apprendimento, invece, deve essere costante sviluppo, a maggior ragione se parliamo di ragazzi dislessici. Quasi tutti i dislessici hanno una grandissima difficoltà a memorizzare attraverso le parole, perché il loro modo di ragionare, come abbiamo ampiamente già visto, è molto legato alle immagini. E allora, invece di insistere con frasi come “non capisco perché non si ricorda le cose”, “gli ho fatto ripetere tutto il pomeriggio”, “quando legge si distrae, ecco perché va male…”, perché non permettia a tuo figlio di avere strumenti che lo aiutano davvero?
Credo che anche una persona con un’intelligenza limitata può capire che il riassunto va esattamente contro il modo di ragionare di un ragazzo dislessico! Eppure… “Io ho sempre fatto così.”
L’obiettivo deve essere quello di creare degli “occhiali” nuovi che possono aiutare la lettura e lo studio, degli occhiali che facciano vedere e ricordare in maniera davvero efficace e che diano la possibilità a tuo figlio di ottenere i risultati che merita.
In W LA DISLESSIA!® facciamo così ogni giorno.
E a volte per iniziare dei veri cambiamenti basta poco.
In questo caso sono sufficienti un foglio bianco, una gomma, una matita, dei colori (se gli piacciono) ed un briciolo di creatività.
Lo strumento in questione è la mappa mentale, ideata da uno dei più grandi esperti al mondo di apprendimento: l’inglese Tony Buzan.
La storia dell’invenzione delle mappe mentali è molto particolare e te la voglio raccontare brevemente.
Negli anni ’60 l’allora studente Tony Buzan, era al secondo anno di università, chiese alla bibliotecaria dove fossero i libri per migliorare l’utilizzo del cervello e con grande stupore fu indirizzato verso i libri di medicina! Hai capito bene: MEDICINA!
A quel punto, l’allora studente Tony, disse alla signorina che non doveva operarsi al cervello, ma voleva solo capire come migliorarne l’uso dal punto di vista dell’apprendimento. Il punto è che non esisteva niente di niente sul tema.
Poteva fermarsi lì e lamentarsi del fatto che nessuna riusciva a risolvere il suo problema, come d’altronde fanno in molti all’urlo di “Nessuno ci sostiene e ci aiuta!”. Ma non l’ha fatto, anzi!
In quel preciso momento ha deciso di iniziare da SOLO una ricerca a riguardo, anche perché i suoi risultati universitari stavano colando a picco. “studiavo tantissimo, prendevo un sacco di appunti e più lo facevo e meno risultati ottenevo…” dice nella prefazione al suo libro “MAPPE MENTALI”.
Gli studi di Buzan sono basati su un criterio ormai abbastanza conosciuto: se si mettono in connessione le parole alle immagini, attraverso delle associazioni ci si ricorda più facilmente qualunque concetto. Per capire quanto sia immediato e naturale per il nostro cervello tutto questo ti basterà pensare alle tue vacanze o alla tua casa. In automatico il cervello vedrà quelle immagini.
Il cervello non ragiona per parole, ma per immagini quasi nella sua globalità.
Ma cosa sono davvero le MAPPE MENTALI?
La prima cosa fondamentale da comprendere è che le MAPPE MENTALI non sono le MAPPE CONCETTUALI!
Ne parlo in questo video su YouTube (clicca qui per vederlo: MAPPE MENTALI VS MAPPE CONCETTUALI), ma te lo spiego brevemente anche qui.
Troppo spesso molti insegnanti e molti tutor si beano di usare strumenti all’avanguardia per lo studio e citano le mappe concettuali.
Qui sotto ti faccio vedere una foto di una mappa concettuale e dimmi se tuo figlio, magari con una difficoltà di apprendimento la può capire.
Come puoi notare le mappe concettuali hanno alcuni problemi tecnici:
- Sono molto scritte;
- Hanno legami concatenati;
- Non danno spazio alla creatività;
- Fin troppo spesso sono costruite da una persona diversa da tuo figlio.
La cosa affascinante è che la maggior parte di queste mappe incasinate vengono utilizzate dai famosi doposcuola o dal ragazzetto universitario che fa ripetizioni a casa. Già questo dovrebbe essere un riferimento prima di scegliere a chi affidare tuo figlio.
Le Mappe mentali invece sfruttano il cervello ad un livello di attenzione maggiore, ma come tutti gli strumenti vanno maneggiate con cura.
Il primo aspetto da comprendere per te è che le mappe mentali sono uno schema assolutamente personale, ovvero devono essere il frutto della creatività della persona che le compone: TUO FIGLIO!
Le immagini e le parole associate nello schema devono essere in sintonia con i processi mentali di chi le ha create.
Attenzione quindi! Le mappe sono di tuo figlio. Tu puoi aiutarlo, sostenerlo (magari leggendo tu se tuo figlio fatica molto con la lettura), ma non fare il lavoro al posto suo.
La mappa mentale è la riproduzione su carta del nostro pensiero e infatti assomiglia moltissimo alla forma di un neurone.
Più le mappe hanno colori e disegni e più sono semplici da essere ricordate.
Bella questa mappa di Ilenia vero?
A questo punto potresti chiedermi: perché per un dislessico sono fondamentali?
Prima di risponderti faccio una premessa: io le uso da anni per lo studio e per il lavoro e per me sono lo strumento definitivo per chiunque. Non trovo nulla di più efficace per riassumere, comprendere meglio un testo, prendere appunti e, perché no, memorizzare.
In più per un ragazzo dislessico, la mappa mentale è il completamento perfetto del suo modo di ragionare. Attraverso la mappa può mettere in gioco la propria creatività, può iniziare a collegare le immagini a delle parole e può avere uno schema chiaro per poter fronteggiare al meglio non solo lo studio, ma anche le prove scolastiche.
Quali sono i vantaggi reali di una mappa mentale:
- Il cervello ragiona prima di scrivere;
- Si possono creare legami e collegamenti;
- Trasferisce su un foglio il nostro modo di ragionare;
- Sono creative;
- Sono esse stesse un disegno.
In più, facendo la mappa mentale, tuo figlio sta in realtà usando il suo talento e alzando la soglia di attenzione e di conseguenza la sua capacità di memorizzazione.
Con la legge 170 del 2010, inoltre, è possibile per un ragazzo dislessico usare questi schemi durante le verifiche e le interrogazioni.
Ripeto: è previsto dalla legge, non è un’opzione!
Se senti discorsi strani, provenienti dalla scuola, in cui ti viene detto che tal professore pensa di non usarli perché lui ha sempre fatto così non ti far ingannare.
Vai a scuola e fai rispettare la legge.
Mi raccomando però, ricordati che la mappa mentale è di tuo figlio, tu cerca di essere un supporto e non il protagonista.
E se non sai come fare, devi rivolgerti a persone che abbiano competenze specifiche sull’apprendimento, come ad esempio tutti i tutor di W LA DISLESSIA!®.
Non c’è nessuna possibilità di lavorare nel nostro team se non si padroneggia questo strumento al 100%.
Questo significa che poi costringiamo tutti i ragazzi e i bambini ad usare le mappe? Certo che no. Credo ancora di più nel personalizzare l’apprendimento che nell’essere schiavo di un solo metodo.
Non è lo strumento che fa la differenza, mai.
La differenza la fai tu ed il modo con cui ti relazioni con chi hai davanti.
Di questo si ricorderà tuo figlio.
Questo serve a tuo figlio.
“Chi ha solo un martello come strumento penserà che molte cose siano chiodi.” – Mark Twain
A presto!
Alessandro