Con un titolo del genere tu puoi scegliere di far parte di una tra queste due categorie di persone:
- Ti indigni, ti schifi e non vai avanti con la lettura pensando a quanto siamo brutte persone a paragonare un dislessico ad un disabile;
- Vai avanti perché sai bene che il titolo è solo una provocazione e sai esattamente come la pensiamo.
In questi giorni ho letto alcuni post e commenti nel nostro gruppo su Facebook W LA DISLESSIA! in cui molte mamme parlano della loro “missione” di aiuto ai figli.
Per me è qualcosa di estremamente lodevole e credo rappresenti una forma di amore infinita nei confronti dei ragazzi, che magari non riescono ad emergere, soprattutto dal punto di vista scolastico.
Ecco allora che una mamma descrive le proprie giornate completamente dedicate ai compiti per casa del figlio, che magari non ce la fa ed ha bisogno di supporto, e pensa che sia l’unica strada da percorrere.
Ma non è detto che sia così.
Molto spesso i ragazzi hanno bisogno di fiducia e di avere la libertà di sbagliare, sapendo di essere in un ambiente protetto che li tuteli in caso di “pasticci”.
Solo che se tu mamma continui ad intervenire per “aiutarlo” gli togli la possibilità di fare esperienza dell’errore per poi arrivare realmente all’autonomia.
Lo so, è complesso da accettare, ma non hai alternative se vuoi VIVERE.
Allo stesso tempo sono consapevole che avere un figlio dislessico è sicuramente impegnativo, soprattutto durante il percorso scolastico, che non è di sicuro progettato per i ragazzi che hanno difficoltà di apprendimento.
Pensaci.
La scuola molto spesso (quasi sempre) è progettata per i ragazzi senza “problemi” per svariati motivi, tra cui:
- Nozioni;
- Argomenti da imparare a memoria;
- Poco spazio al ragionamento;
- Poca libertà di apprendimento naturale;
- Insegnanti non preparati sull’argomento DSA.
Quindi è normale che tu come genitore ti senta la responsabilità di colmare queste carenze e che, in qualche modo, anche senza averne le competenze o banalmente il tempo, tu ti debba caricare questo “peso” sulle spalle per non far soffrire tuo figlio.
Non dovresti occupartene tu, lo so, ma a volte è necessario che tu studi e ti metta in gioco anche dal punto di vista scolastico per non lasciare tuo figlio in balia di un mare in tempesta.
Ma, attenzione!
In questa parte del tuo percorso di crescita con tuo figlio ci sono tantissime campanelli d’allarme, che possono DISINTEGRARE la tua relazione con tuo figlio e la sua idea di se stesso come persona autonoma.
Ad esempio la scuola potrebbe diventare l’unico argomento di conversazione con tuo figlio con conseguenze disastrose, visto che il ruolo di studente in questo caso supererebbe e non di poco il ruolo di figlio.
Di questo argomento ho parlato tantissime volte in altri articoli, ma in particolare in questo che ti esorto a vedere questo mio video sul nostro canale YouTube: CIAO, COME E’ ANDATA A SCUOLA?
“CIAO, COME E’ ANDATA A SCUOLA?” è la domanda peggiore che puoi fargli, anche se tu pensi che sia sensata e che ti serva per interessarti a lui. Sembra strano, ma è così!
Vuoi interessarti a tuo figlio? Interessati meno della sua giornata scolastica.
Dagli il tempo di rilassarsi, poi sarà lui a parlartene (non è scontato e non è detto che capiterà subito, ma nella peggiore delle ipotesi almeno non litigherete).
Questo il primo passo, forse il più impegnativo, ma non basta.
I passi fondamentali da accettare e da digerire sono i prossimi e non so se dopo averli letti ti sarò particolarmente simpatico, ma non ho l’obiettivo di essere un comico, ho l’obiettivo di farti leggere delle informazioni che ti faranno crescere.
Quindi sono disposto a farmi una ragione se poi mi vorrai un po’ meno bene.
Ora che mi sono liberato da questo peso importante per me, vado avanti… 🙂
Il primo motivo reale per il quale tu vuoi aiutare tuo figlio è perché ti fa sentire IMPORTANTE!
Hai capito bene.
Aiutarlo nei compiti, essere sempre a sua completa disposizione in tutte le ore del giorno, fare le cose al posto suo, in realtà ti fa sentire una persona speciale e importante.
In fondo “di mamma ce n’è una sola”, “per fortuna c’è la mamma”, “se non ci fossi io come farebbe?” sono solo alcune delle frasi che un genitore si dice per sentirsi ok.
Io lo so che tu vuoi aiutare tuo figlio, ci mancherebbe, ma ti devo dire quali sono i campanelli d’allarme legati a questo modo di fare.
Se tu ti senti così protagonista del processo di apprendimento (dei compiti in realtà) è chiaro che soddisfi il tuo bisogno di IMPORTANZA.
Ed il bisogno di importanza è uno dei principali bisogni degli esseri umani. Di tutti eh.
Pensa a quanto io mi sento importante nello scrivere articoli che leggerai o nel girare video o nel fare i miei corsi. E’ assolutamente normale fare le cose per soddisfare i nostri bisogni, ma è fondamentale stare attenti a cosa facciamo per soddisfarli.
Mi spiego ancora meglio.
Quando lavoro con i ragazzi mi sento molto importante e prezioso per quello che riesco a fare con loro e per i risultati che ottengono, ma finisce lì.
I risultati sono i loro, non i miei. A scuola ci vanno loro, non io.
Fai in modo di trovare altri momenti nella tua vita e nella tua vita con tuo figlio per sentirti importante. Se la maggior parte del tempo lo dedicate alla scuola ed ai compiti diventa un modo “malato” per sentirti importante.
In più trovati degli spazi e dei momenti per te e basta.
Togliti la scuola di mezzo in qualche momento.
Leggi per te. Studia per te. Fai sport.
Trovati dei momenti solo per te, togliendo scuola, compiti ed educazione di tuo figlio per qualche istante della tua vita.
Più troverai uno spazio in cui tu puoi sentirti importante e più potrai essere utile.
Una delle prime cose che faccio quando lavoro con i genitori è quello di trovar loro delle attività extra famiglia da fare ed i risultati sono sconvolgenti.
Ti lascio qui un esempio su un piccolo cambiamento che ha fatto Gianna, una mamma che seguo da un po’, e che ha cambiato alcuni suoi comportamenti in casa dopo aver fatto una piccola modifica alla sua persona: si è tagliata i capelli!
Ti sembrerà una cosa banale, ma in questo post su Facebook ne ho parlato diffusamente, vai a leggerlo: https://goo.gl/HkOR9V
Attaccato come una cozza sullo scoglio al bisogno di attenzione c’è il secondo motivo:
SE NON AIUTO MIO FIGLIO MI SENTO IN COLPA!
Din Din Din Din!
Qui le campane di pericolo suonano all’impazzata.
Ci sono vari modi per sentirti in colpa, qui ti parlerò dei due principali:
• Non mi sento in grado di aiutare mio figlio;
• Se non aiuto mio figlio sono una persona orribile ed un genitore degenere.
NON MI SENTO IN GRADO DI AIUTARE MIO FIGLIO.
Qui è una questione di competenze che ti mancano o di difficoltà che tu hai a tua volta.
Ad esempio se sei dislessico tu potresti andare in tilt all’idea di non riuscire ad essere un sostegno ed a questo punto devi riflettere sul fatto che forse non sei tu la persona migliore per aiutare tuo figlio, soprattutto se vai in risonanza con le sue difficoltà.
Anche perché magari riemergono le difficoltà che tu stesso hai vissuto a scuola.
A quel punto è molto meglio che non aggiungi ulteriore ansia e che trovi qualcuno che possa sostenere tuo figlio dal punto di vista scolastico. Tu occupati di una parte fondamentale che spesso viene considerata poco: la sua crescita come individuo e la costruzione di un ambiente a casa che funzioni.
SE NON AIUTO MIO FIGLIO SONO UNA PERSONA ORRIBILE ED UN GENITORE DEGENERE.
Questo è il punto fondamentale.
Qui c’è la tua gigantesca paura di non essere una bella persona se per caso tuo figlio non ottiene risultati.
E aggiungo anche che c’è la tua paura che ti considerino una brutta persona o un genitore degenere se tuo figlio non riesce a fare tutti i compiti.
Ma qui devi renderti conto che è un problema tuo, non di tuo figlio!
Se per paura di essere giudicato tu per i suoi voti, passate tutte le vostre giornate a fare i compiti o a snervarvi, avete solo una conseguenza: DISTRUZIONE DEL VOSTRO RAPPORTO.
Ma ammettiamo per un attimo che tuo figlio non discuta con te quando lo aiuti.
Qui può nascere un altro problema: lui non diventerà MAI autonomo!
Anzi, aspetterà sempre le tue mosse prima di fare qualcosa.
Quindi capisci bene che in questo modo non sei un vero supporto, ma diventi una stampella.
E se tuo figlio si abitua alla stampella che succede quando la togli? Cade e si fa tantissimo male!
In più la stampella ha una caratteristica: la usa chi ha male, chi ha un problema fisico.
Tuo figlio non ha problemi fisici, non ha il cervello rotto e non ha bisogno di stampelle.
Se tu ti paragoni ad una stampella stai mandando un messaggio completamente sbagliato: lui è rotto e tu lo aggiusti.
Solo che se lui userà la stampella per troppo tempo poi si abituerà ad usarla e non riuscirà poi a camminare senza.
Tu vuoi davvero che tuo figlio sia dipendente da te per sempre? Vuoi davvero essere una stampella che lo tutela durante i pomeriggi di compiti o vuoi insegnargli a camminare da solo?
Di sicuro la stampella è più immediata nel breve termine e ti costa meno fatica emotiva, ma così facendo non vi fate del bene e una parte di te lo sa.
E’ chiaro che non puoi farlo con uno schiocco di dita. E’ chiaro che è un processo nel quale devi fare dei passaggi e sperimentare. E per sperimentare dovrai accettare un aspetto fondamentale: TUO FIGLIO PUO’ SBAGLIARE!
Anzi ce n’è un altro: ANCHE TU PUOI SBAGLIARE.
Se riesci ad accettare questo puoi davvero diventare un supporto VERO.
Se accetti che tuo figlio può fare degli errori e se accetti che tu puoi sbagliare il gioco è fatto.
A quel punto ti mancano solo le competenze per comprendere davvero cosa fare con un figlio dislessico.
Io un’idea ce l’avrei.
Studia.
Mettiti nelle condizioni di imparare.
Conosci altre persone che affrontano ogni giorno il tuo stesso percorso.
Ci sono davvero poche cose da imparare davvero per essere la figura che può aiutare o sostenere tuo figlio, ma la principale è che puoi imparare a prenderti cura di te stesso.
Tuo figlio lo vedrà, se ne accorgerà e ti stupirà.
Cambia tu e cambierà lui.
“Tutti commettono errori. È per questo che c’è una gomma per ogni matita.” – Proverbio giapponese
A presto!