MA IL QUOZIENTE INTELLETTIVO SI STA DAVVERO MODIFICANDO NEGLI ANNI?
Mi avete letto più volte con post o articoli a riguardo (qui te ne lascio uno: https://www.wladislessia.com/che-rapporto-ce-tra-q-i-e-intelligenza/)
In questo caso prendo in prestito, nella parte iniziale alle parole di Cristophe Clavé ed alla sua teoria sull’inversione dell’effetto Flynn. Cercherò di semplificare al massimo i concetti e renderli più facili da essere seguiti.
Il Quoziente d’Intelligenza (QI) medio della popolazione mondiale è in continuo aumento (secondo gli studi di James R. Flynn, studioso neozelandese). Questo almeno dal secondo dopoguerra fino alla fine degli anni ’90. Da allora il QI è invece in diminuzione…
È l’inversione dell’Effetto Flynn. La tesi è ancora discussa e molti studi sono in corso da anni senza riuscire a placare il dibattito.
Sembra che il livello d’intelligenza misurato dai test diminuisca nei Paesi più sviluppati.
Molte possono essere le cause di questo fenomeno:
- impoverimento del linguaggio. Diversi studi dimostrano infatti la diminuzione della conoscenza lessicale e l’impoverimento della lingua: non si tratta solo della riduzione del vocabolario utilizzato, ma anche delle sottigliezze linguistiche che permettono di elaborare e formulare un pensiero complesso.
- La graduale scomparsa dei tempi (congiuntivo, imperfetto, forme composte del futuro, participio passato) dà luogo a un pensiero quasi sempre al presente, limitato al momento: incapace di proiezioni nel tempo.
- La semplificazione dei tutorial, la scomparsa delle maiuscole e della punteggiatura sono esempi di “colpi mortali” alla precisione e alla varietà dell’espressione. Solo un esempio: eliminare la parola “signorina” (ormai desueta) non vuol dire solo rinunciare all’estetica di una parola, ma anche promuovere involontariamente l’idea che tra una bambina e una donna non ci siano fasi intermedie.
Meno parole e meno verbi coniugati implicano meno capacità di esprimere le emozioni e meno possibilità di elaborare un pensiero.
Gli studi hanno dimostrato come parte della violenza nella sfera pubblica e privata derivi direttamente dall’incapacità di descrivere le proprie emozioni attraverso le parole.
Senza parole per costruire un ragionamento, il pensiero complesso è reso impossibile. Più povero è il linguaggio, più il pensiero scompare.
La storia è ricca di esempi e molti libri (Georges Orwell – 1984; Ray Bradbury – Fahrenheit 451) hanno raccontato come tutti i regimi totalitari hanno sempre ostacolato il pensiero, attraverso una riduzione del numero e del senso delle parole.
Se non esistono pensieri, non esistono pensieri critici.
E non c’è pensiero senza parole. Come si può costruire un pensiero ipotetico-deduttivo senza il condizionale? Come si può prendere in considerazione il futuro senza una coniugazione al futuro?
Come è possibile catturare una temporalità, una successione di elementi nel tempo, siano essi passati o futuri, e la loro durata relativa, senza una lingua che distingue tra ciò che avrebbe potuto essere, ciò che è stato, ciò che è, ciò che potrebbe essere, e ciò che sarà dopo che ciò che sarebbe potuto accadere, è realmente accaduto?
Facciamo parlare, leggere e scrivere i nostri figli, i nostri studenti.
Insegnare e praticare la lingua nelle sue forme più diverse. Anche se sembra complicata. Soprattutto se è complicata.
Perché in questo sforzo c’è la libertà. Coloro che affermano la necessità di semplificare l’ortografia, scontare la lingua dei suoi “difetti”, abolire i generi, i tempi, le sfumature, tutto ciò che crea complessità, sono i veri artefici dell’impoverimento della mente umana.
Non c’è libertà senza necessità. Non c’è bellezza senza il pensiero della bellezza.
Pensaci…
Quante volte ti dico quando sia importante che i ragazzi conoscano il significato delle parole e quante volte ti ricordo che i “pensierini” della maestra.
Abbiamo ormai abbandonato la scrittura e, soprattutto, la bella scrittura per correre verso linguaggi più snelli, asettici e senza sentimento.
Per sostituirli con cosa?
Te lo dico io: CON LA FRETTA!
La stessa fretta che molti genitori hanno per risolvere i “problemi” dei figli.
Cosa porta quella fretta?
- Ricerca di soluzioni immediate a problemi che necessitano lavoro
- Pensare che lavorare sul costante esercizio ripetitivo, faccia superare le difficoltà di lettura, scrittura o calcolo
- Affiancare i figli ad aiuto compiti senza andare alla radice
- Fare i compiti al posto dei figli
Il problema è che non ci si dà il tempo di scoprire e imparare.
E uno dei motivi principali è che anche mamma e papà non riescono sempre a riconoscere le emozioni (sia le proprie, che quelle dei figli).
E dobbiamo imparare a farlo. Senza smettere di avere voglia di imparare.
Perché parte da te come genitore il processo che poi a scuola viene ulteriormente portato avanti.
Parte da te. Devi esserne consapevole.
A presto!
Alessandro